sabato 8 giugno 2013

si è fatta una certa

Lineare come il tratto di un sismografo durante un terremoto di media entità.
I miei incontri, a volte così dolorosi, inaspettati, riprendono la giusta dimensione solo se li ripenso dopo mesi e a una certa ora del giorno. 
Una certa. 
Il tutto contestualizzato in una giornata cosiddetta normale, con sveglia a un'ora normale; il normale perde il suo senso appena l'auto sbuca dalla via, in retro, ad una velocità che se solo non avessi rallentato il passo per l'afflizione di uno strano (normale) pre-sentimento, mi avrebbe investito. Come già al guidatore era accaduto di fare, millemiliardi di anni fa, mi sembra adesso, e allora nemmeno guidava l'auto; non guidava nulla, verità, dirigeva. Vita, traffico, morte, zero miracoli.
Lo sapevo che succedeva, qualcuno me l'aveva detto, e io ridendo risposi "ti sbagli, perchè se lo rincontro, lo uccido", ridendo pensai  lo faccio sul serio perchè è ingiusto augurare il bene a tutti, affermare che la felicità la meritano tutti. 
Starà scritto nella bontà d'animo di qualcuno altro da me, nell'energia del cosmo di 'sta cippa che quando sto male è veleno. E il male me lo sono ricordato tutto in un lampo, così ho sorriso perchè il veleno, a piccole dosi, mi ha resa immune. 
E' stato un circo, diomadonna, di ipocrisia, che ha chiuso quando non solo è stato smontato il tendone ma i camper roulotte si sono allontanati e il vento ha spazzato via l'odore di dolci immondi di caramello e di patatine fritte. 
Non ti amo più
non ti odio più
non ti voglio il bene
e adesso nemmeno il male.
Sei perso, affondato, uscito, nel niente che eri. Neanche mi serve la soddisfazione di benzina-fiammifero. 
Sono guarita.

Ogni tanto mi piace tornare. Estemporanea. Asincrona. Quello che è.