martedì 9 luglio 2013

rendicontazione (la stupidite solitaria)

Per l'esattezza sono passati  32 secondi da che avevo preso un'importante decisione, ed  ora, ho rimosso; ricordo che era importante la questione da dibattere, ricordo che la decisione era presa - e da lì non si scappava. 
Eppure adesso, qui, dici che mi ritorna in mente? 
No. Si scappava, dunque.
Io non so con chi avete a che fare.
E' un periodo diverso e, lo scrivo tra parentesi, (difficile), senza spiegarne il come, perchè ognuno ha il suo;  il suo diverso, insomma.
Adesso tutto mi fa strano, c'è chi corre, chi è rimasto indietro, chi scarta di lato e ti sposta, chi all'improvviso cambia direzione e ti travolge. Lo so che è sempre stato così, ma ora mi fa strano.
Allora mi cucio abiti di gommapiuma, indosso pattini a rotelle (per l'accelerazione), tiro forte i freni per non schiantarmi sul muro, che io coi muri ho un feeling, ci parlo, li guardo, mi ci appoggio, li scavalco con disinvoltura,  li prendo a testate.
Solo non li abbraccio, perchè è troppo difficile. 
Scordo anche chi sono, spesso, come sopra, come prima, come sempre, per cui lo scrivo qui: io di me so che non ho mai chiesto aiuto, utilizzando la parola aiuto e l'allocuzione ho bisogno, mai chiesto affetto a voce, mi sono limitata alla vicinanza di pelle,  
spalla-collo, labbra-fronte, mano-guancia
e soprattutto ho tanta confidenza ma con pochissimi, perchè mi sento meglio col cuore piccolo ma elastico piuttosto che largo e sformato, come per le mutande. Poi faccio sogni improbabili, la verità..
Dicono che è il periodo a ispirare la rendicontazione e la matematica mi piaceva pure, ma questa storia del dare-avere a me non è mai tornata; sarà che non so mettere solo due piatti su una bilancia.
Forse è di questo che volevo scrivere ma ora devo scolare la pasta.

sabato 8 giugno 2013

si è fatta una certa

Lineare come il tratto di un sismografo durante un terremoto di media entità.
I miei incontri, a volte così dolorosi, inaspettati, riprendono la giusta dimensione solo se li ripenso dopo mesi e a una certa ora del giorno. 
Una certa. 
Il tutto contestualizzato in una giornata cosiddetta normale, con sveglia a un'ora normale; il normale perde il suo senso appena l'auto sbuca dalla via, in retro, ad una velocità che se solo non avessi rallentato il passo per l'afflizione di uno strano (normale) pre-sentimento, mi avrebbe investito. Come già al guidatore era accaduto di fare, millemiliardi di anni fa, mi sembra adesso, e allora nemmeno guidava l'auto; non guidava nulla, verità, dirigeva. Vita, traffico, morte, zero miracoli.
Lo sapevo che succedeva, qualcuno me l'aveva detto, e io ridendo risposi "ti sbagli, perchè se lo rincontro, lo uccido", ridendo pensai  lo faccio sul serio perchè è ingiusto augurare il bene a tutti, affermare che la felicità la meritano tutti. 
Starà scritto nella bontà d'animo di qualcuno altro da me, nell'energia del cosmo di 'sta cippa che quando sto male è veleno. E il male me lo sono ricordato tutto in un lampo, così ho sorriso perchè il veleno, a piccole dosi, mi ha resa immune. 
E' stato un circo, diomadonna, di ipocrisia, che ha chiuso quando non solo è stato smontato il tendone ma i camper roulotte si sono allontanati e il vento ha spazzato via l'odore di dolci immondi di caramello e di patatine fritte. 
Non ti amo più
non ti odio più
non ti voglio il bene
e adesso nemmeno il male.
Sei perso, affondato, uscito, nel niente che eri. Neanche mi serve la soddisfazione di benzina-fiammifero. 
Sono guarita.

Ogni tanto mi piace tornare. Estemporanea. Asincrona. Quello che è.

sabato 23 febbraio 2013

la miglior difesa è la tac

Sono un'antropo(do)loga di quartordine con anni e anni di pratica nell'osservazione degli esseri umani e delle posizioni dei loro piedi lontani, a scacchiera, a riempire i vuoti per similitudine di solitudine; e ho un senso spiccato per il perlage dei fiocchi di neve che ha direzioni contrarie, improvvise, incontrollate ed estranee a ciò di cui prima/sopra.
Chiusi gli occhi, ancora mi stupisco di come si possa materializzare un ricordo sepolto profondo dove non sapevo più; confesso, un punto di ripristino del sistema che si è salvato in automatico senza intervento mio, che proprio niente ho avuto intenzione di  backuppare.
Scritte parole a memoria del buio, non penombra nè luce soffusa, buio pesto; un esperimento per chi non vedente non è, semmai ipo, per pigrizia dei sensi tutti, in uno stato di penombra cerebrale che annebbia gli occhi copre le orecchie impasta la lingua congela i polpastrelli e filtra il naso. Appunti di getto. L' amore con te è rimasto peste gonfia bubboni, allergia mai esternata, raffreddore d'aprile, colite nervosa, polipo in gola, eritema al cervello: ora ricordo chi sei. 
Il mio manuale di ipocondria. 

sabato 2 febbraio 2013

sogni mitologie estinzioni

Il Creatore in quei giorni riteneva che ci fosse un po' troppo casino nel giardino dell'Eden.
Da quando aveva lasciato carta bianca all'amministratore delegato, non ci si capiva più nulla dei nomi, delle cose e del perchè; soprattutto non si capacitava di come avesse potuto fidarsi di quello, l'ultimo a cui avesse dato un nome.
Ricordava solo che si stava riposando, dopo l'estenuante fatica per la divisione della notte dal giorno e del brunch dall'happy hour, quando questo tizio, anziano già allora, gli aveva bussato sulla spalla
"scusa, Signore.. "
e lui si era infuriato urlando E_NOeh!!, che quello si era appropriato dell'appellativo, nonostante il cazziatone. Se sono Signore mi dai del lei e mi dici "Scusi, Signore".
Comunque aveva osservato le sue creazioni, coi nomi suggeriti da quello e aveva cominciato a innervosirsi.
C'erano il pettirozzo*, uccello coraggioso ma assai cafone e sbrigativo;
il baritonno pesce dalla voce profonda che però deliziava solo gli abitanti del mare;
il dobarman, un cane a preparare cocktails;
il cormonano, pennuto piccolo,troppo, troppo, troppo piccolo;
il pesce spalla, che se non stavi attento ti rubava le battute;
la scoloprenda, così altruista e magnanima ma sempre e solo delle cose non sue;
il bue meschato*, quello faceva faville nei club priveè;
il pappagorgia*, volatile sosia di Aldo Fabrizi;
l'uzignolo che era un pericolo pubblico;
il pescecanne*, lento merluzzo giamaicano;
l'anasconda, timida ricettatrice;
il trichecca*, tutto brillante di paillettes, in mezzo alla neve;
il pirlanha*, pesce aggressivo ma sciocco (da non confondere col perlanha, dalle soffici squame);
la giraffaella*, dal collo lunghissimo e la frangetta biondo platino;
l'orso polase*, un grosso mammifero sempre a corto di sali minerali;
il labbrador. Il labbrador... su quello aveva esaurito i commenti. 
Destinazione: estinzione.
E poi gli erano comparsi davanti questi altri, che quello diceva di dover salvare; "Scusa, signore:"  e di nuovo!! io questo lo faccio invecchiare male.
"E vabbuò, l'hai detto tu che manderai la perturbazione schiattamorto e qui rischiamo di annegare".
"Vediamo che si può fare." Ma no, non si capacitava.
Ad esempio, il mangusting. Quello si era riprodotto che non aveva neanche 9 giorni, con 'sto harem di femmine e mica ci stava poco a trombare. Ore e ore e ore. 
Meglio farne due, uno cantante , l'altro femmina. Punto.
E la tartarucola? ma che ci stava a fare la rucola sul carapace, finchè non inventava la pizza e il fiordilatte e i pomodorini? Guardò la forca assassina e disse "sei tautologica così, mi spaventi tutti gli altri.
E tu, eleante.. ma che nome è?? cosa sei, una domanda inevasa? un armadio senza stagioni?? Già che nulla si distrugge se l'ho fatto io o il bosone o Higgs, alla prossima alba del mondo ti prendi quella effe.
Ok, se ci siete tutti, salite sulla Barca di Noè."
"Aspetta, signore"
Io questo lo affogo.
"C'è ancora il lomrico."
"Che?"
"Il lomrico."
"Allora dai, anche il loc.. lorm..il lorc..
Salite a bordo di questa cazzo di -Arca, se abbiamo finito." 

* il legittimo proprietario dei nomi col cappello d'asterisco non verrà citato, se non dopo compenso/mancia/tinteggiatura pareti/lettura della mano/piega lunga/soggiorno termale all inclusive. 

mercoledì 30 gennaio 2013

come i castori

"La maggior parte del tempo mi sembrava di trovarmi nel mezzo di un enorme oceano nero, o nello spazio profondo, però non in un modo affascinante. Il fatto è che tutto era così incredibilmente lontano da me. 
Di notte ancora peggio. 
Ho cominciato a fare invenzioni e dopo non riuscivo più a fermarmi, come i castori, che conosco. La gente crede che abbattano gli alberi per costruire le dighe, ma in realtà è perchè non smettono mai di crescergli i denti, e se non se li limano continuamente tagliando il legno di tutti quegli alberi, i denti comincerebbero a crescergli dentro il muso e morirebbero. 
Il mio cervello era uguale."
J.S. Foer
Molto forte, incredibilmente vicino

Cioè a me questo libro è piaciuto, pure tanto, però mi ha messo una tale malinconia addosso che non avrei voluto leggerlo; è passato del tempo, da che l'ho finito, e dopo non ho avuto altra voglia che di fare, ma senza premura.
Mi era venuta anche un po' di nostalgia, quella canaglia, delle situazioni casuali che ti fanno sentire il bene: una telefonata inaspettata, un momento giusto, un pranzo improvvisato, un pic-nic su due piedi, un incontro in treno.
Me lo ricordo quel viaggio in solitaria, di fronte alla coppia sessantenne brianzola col marito a raccontare di quando il passante non c'era e c'era la terza classe e i viaggi ti sussultavano, anzichè cullarti. 
E' passato dell'altro tempo, da che li ho incontrati.
Nei cambi di treno la gente si scanta, anche se il treno è in orario e anche se il binario è lo stesso e se mancano 20 minuti alla coincidenza e se ha la prenotazione da mesi. Ci piace la frenesia, il correre, l'imbottigliamento nel sottopasso, le domande inutili ai ferrovieri, la sincronizzazione degli orologi a tutti i costi, lo stare in prima fila sulla linea gialla come in coda alla posta. C'è chi adora la pole-position.
Ma io no, ho smesso.

lunedì 21 gennaio 2013

Estetica del rutto emotivo

Era tutt'altra cosa
invece ho pensato solo:
averci il pane*, per tutti questi denti.

Il *pane buono.

Ma l'asterisco è il problema, 
laddove diventa 
analisi junghiana di pippe mental-emozionali (sottotitolo).
Conosco uno che ci ha scritto una tesi.

domenica 6 gennaio 2013

tre metri sott'aceto

Era nata, una volta, e si chiamava Teresa, e cuciva asole per abiti coi bottoni blu. 
Solo blu. Tante sfumature e tonalità,  ma a riassumere, tra un azzurro chiaro e un oltremare, come vuoi chiamarlo?  
Era un posto come un altro la sartoria, col pavimento marrone, che stonava con qualsivoglia blu.
Teresa non aveva incubi perchè non li produceva e non aveva speranze perchè non sapeva la paura. Stava ignorante di amarezze e delusioni, si nutriva del succo aspro di coraggio, molto simile al liquido trasparente in cui galleggiava l'ultima cipollina; sarebbe sopravvissuta, lo intuiva, più del tempo misurabile, nella disinfezione di un metodo antico e superbo come il sottaceto. 
Il segreto era: cominciare da un crudo hors d'oeuvre, che per il pasto completo, diceva, c'è tanto, tanto, tanto di quel tempo.