mercoledì 30 gennaio 2013

come i castori

"La maggior parte del tempo mi sembrava di trovarmi nel mezzo di un enorme oceano nero, o nello spazio profondo, però non in un modo affascinante. Il fatto è che tutto era così incredibilmente lontano da me. 
Di notte ancora peggio. 
Ho cominciato a fare invenzioni e dopo non riuscivo più a fermarmi, come i castori, che conosco. La gente crede che abbattano gli alberi per costruire le dighe, ma in realtà è perchè non smettono mai di crescergli i denti, e se non se li limano continuamente tagliando il legno di tutti quegli alberi, i denti comincerebbero a crescergli dentro il muso e morirebbero. 
Il mio cervello era uguale."
J.S. Foer
Molto forte, incredibilmente vicino

Cioè a me questo libro è piaciuto, pure tanto, però mi ha messo una tale malinconia addosso che non avrei voluto leggerlo; è passato del tempo, da che l'ho finito, e dopo non ho avuto altra voglia che di fare, ma senza premura.
Mi era venuta anche un po' di nostalgia, quella canaglia, delle situazioni casuali che ti fanno sentire il bene: una telefonata inaspettata, un momento giusto, un pranzo improvvisato, un pic-nic su due piedi, un incontro in treno.
Me lo ricordo quel viaggio in solitaria, di fronte alla coppia sessantenne brianzola col marito a raccontare di quando il passante non c'era e c'era la terza classe e i viaggi ti sussultavano, anzichè cullarti. 
E' passato dell'altro tempo, da che li ho incontrati.
Nei cambi di treno la gente si scanta, anche se il treno è in orario e anche se il binario è lo stesso e se mancano 20 minuti alla coincidenza e se ha la prenotazione da mesi. Ci piace la frenesia, il correre, l'imbottigliamento nel sottopasso, le domande inutili ai ferrovieri, la sincronizzazione degli orologi a tutti i costi, lo stare in prima fila sulla linea gialla come in coda alla posta. C'è chi adora la pole-position.
Ma io no, ho smesso.

lunedì 21 gennaio 2013

Estetica del rutto emotivo

Era tutt'altra cosa
invece ho pensato solo:
averci il pane*, per tutti questi denti.

Il *pane buono.

Ma l'asterisco è il problema, 
laddove diventa 
analisi junghiana di pippe mental-emozionali (sottotitolo).
Conosco uno che ci ha scritto una tesi.

domenica 6 gennaio 2013

tre metri sott'aceto

Era nata, una volta, e si chiamava Teresa, e cuciva asole per abiti coi bottoni blu. 
Solo blu. Tante sfumature e tonalità,  ma a riassumere, tra un azzurro chiaro e un oltremare, come vuoi chiamarlo?  
Era un posto come un altro la sartoria, col pavimento marrone, che stonava con qualsivoglia blu.
Teresa non aveva incubi perchè non li produceva e non aveva speranze perchè non sapeva la paura. Stava ignorante di amarezze e delusioni, si nutriva del succo aspro di coraggio, molto simile al liquido trasparente in cui galleggiava l'ultima cipollina; sarebbe sopravvissuta, lo intuiva, più del tempo misurabile, nella disinfezione di un metodo antico e superbo come il sottaceto. 
Il segreto era: cominciare da un crudo hors d'oeuvre, che per il pasto completo, diceva, c'è tanto, tanto, tanto di quel tempo.