lunedì 1 novembre 2010

quando ti chiedono cosa vuoi di più e tu rispondi: un futuro

Potrebbe essere accidia la mia. 
Non è che me ne faccia un cruccio; essendone afflitta, mi si dice, è proprio lì che sta il problema.
Che dovrei, potrei e allora farei. L'accidioso vive nella contemplazione e si assuefa (senza avere la benchè minima voglia di controllare come si scriva -assuefà-) constatando quello che è il suo operare.
Leggo che questo inverecondo peccato capitale nasce dalla soddisfazione e non dal bisogno. Analizzo la situazione e la contemplo, allora.
Insomma, cosa voglio di più se riesco a lavorare, tirando avanti la carretta, con la sveglia che suona alle 5.30 ogni mattina, senza rientrare a casa prima delle 19, quando penso positivo, potendo godere di ben due viaggi ad ammirare il panorama ogni santo giorno, per un totale di tre ore di gita giornaliere, arrivando a conoscere le sfaccettature di questa città e della sua collina in ogni stagione, col caldo-secco, il caldo-umido, la pioggia, la pioggerellina, la grandine, il freddo-becco, l'attesa, la corsa per non perdere la coincidenza, i ritardi, ogni giorno col dubbio il tour lo farò seduta quest'oggi o in piedi, con il gomito di qualcuno piantato nello sterno o nel fianco, come una specie di via crucis per noi poveri cristi della modernità?
Cosa voglio di più se porto a casa uno stipendio, a differenza di molti, che basta per più di metà a pagare l'affitto e per quello che rimane a sostenere le spese, per scelta (ovvio) ridotte all'osso e non alla necessità?
Io vorrei andare al cinema
comprare e leggere più libri
andare a teatro
viaggiare e non per lavoro
cose per cui, ora, se anche avessi i soldi, non avrei tempo
e vorrei comprarmi una casa, prima che la banca tiri fuori le trombette e i fischioni vedendomi anche solo entrare, pensando che io sia un barzellettiere vivente.
Io voglio sputarci sulla banca e ritornare al baratto che ha più senso.
Voglio un futuro fattibile senza ricorrere a prestiti, rateizzazioni a tasso d'usura, favori, ipoteche di dignità, prostrazioni a novanta e zerbinaggio, lotterie fregasoldi, scommesse, furti e spaccio di fuffa.
Senza dover lavorare per 12 ore, che io il viaggio non lo considero no un intermezzo, visto che è lì che lavoro ed è là, molto più in là, che vivo, e se ci devo mettere meno, allora trovamela tu una casa più vicina che io possa permettermi di pagare.
Dico che farei tanto, se avessi i mezzi e se per averli non dovessi dimezzare il mio tempo buono, perchè poi ti dicono: per avere di più devi dare di più.. BALLE. Forse è più vero: per avere di più devi darla/o di più. Vedo politici, amministratori delegati, dirigenti e pure artisti, diciamolo, spartirsi vagonate di soldi e non fare uno stramaledetto cazzo.
Analizzata la situazione, l'ho contemplata e la mia non pare, a me, accidia.
Perchè poi mi viene anche in mente che vorrei poter metter su famiglia, godermela e viverla. Al solo pensiero, voi le sentite le risate di sottofondo da sit-com americana degli anni ottanta? ecco, a me quelle non hanno mai fatto ridere.
Io sono incazzata abbestia. Della stanchezza fisica che diventa mentale e rende indolenti per bisogno di soddisfazione. 

12 commenti:

  1. Non è accidia... E' pendolarità... Una roba che conosco e che ha degli effetti collaterali bestiali, soprattutto se non si è adeguatamente ricompensati. Luce...Fatti una torta. (Io ho cominciato a farmi anche il pane, ma la domenica, quando qui l'elettricità costa meno)

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  2. Da leggere tuttadunfiato... chiapper, le cose bisogna chiamarle con il loro nome. Siamo in un buco nero della storia, e la tua è un bel po' di luce.

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  3. Capolavoro, mi sono ritrovata in ogni concetto che hai espresso,in ogni frase che hai scritto, in ogni parola e in ogni lettera...
    Ho fatto mia anche la punteggiatura...
    SEI ENORME...lascia che te lo dica :)

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  4. vaniglia@ se avessi tempo ne farei più di una di torta.
    Alli@ hai notato anche tu come ormai più nessuno si lamenta dei diritti calpestati e se lo fa, viene definito "sovversivo"?

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  5. grace@ non passo più dalla porta, adesso ;)

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  6. Già, questo è un vecchio trucco del potere.

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  7. vedila così, almeno non ti adagi.

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  8. ubi@ non sia mai!! è il gomito di qualcun altro che si adagia perfettamente sul mio sterno.

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  9. Il segreto è vivere in quell'equilibrio sottilissimo e paradossale tra il combattimento a oltranza (che implicherebbe l'insoddisfazione perpetua) e la soddisfazione di quello che si ha (che implicherebbe la rinuncia a combattere).

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  10. Oh, comunque, qualunque cosa sia, ne sono affetto anch'io.

    E le risate da sit-com mi hanno sempre mandato in bestia.

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  11. Più che nella soddisfazione di quello che si ha (che quella sì, è accidia), bisognerebbe vivere nella soddisfazione di quello che si è (o meglio, di come si è).
    E qui da questo punto di vista di motivi di soddisfazione ne leggo da vendere.
    Un post da incorniciare e da ricordare.
    Stefano

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  12. marziano@ il segreto sarà conservare la propria etica e i propri principi, senza mandare tutti affanculo indistintamente.
    web@ si, hai ragione. E' che prende lo sconforto quando ti senti privato del diritto elementare a vivere, che non è solo sopravvivere, e dovrebbe essere garantito a tutti.
    Grazie Stefano e benvenuto.

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Ricorda: "Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre". Poi lèvati dalle palle.